Inkiostrik, un mostro nello spazio

Trama: per tutte le stilografiche, Inkiostrik è tornato!  Al castello di Ragnapietra il nauseabondo mostro dell'inchiostro ha fatto amicizia con Bob, il figlio di un astronauta della NASA.  Così senza pensarci due volte, è saltato nel suo zainetto ed è sbarcato in America, dove potrà realizzare il suo sogno: volare nello Spazio e fare scherzi sempre più orridi e disgustosi!

Commento di Lunaria: lessi il primo e probabilmente anche il secondo libro della saga di Inkiostrik verso i 9 o 10 anni. Ad oggi, la saga conta dieci episodi (il primo è datato 1993, l'ultimo 2007):

"Inkiostrik il mostro dell'inchiostro"

"Inkiostrik, il mostro delle tasche nauseabonde" 

"Inkiostrik, il mostro dello zainetto" 

"Inkiostrik, il mostro del circo" 

"Inkiostrik, il mostro dei pirati" 

"Inkiostrik, il mostro del luna park" 

"Inkiostrik, il mostro del castello" 

"Inkiostrik, un mostro nello spazio" 

"Inkiostrik, il mostro del calcio" 

"Inkiostrik, il mostro del computer".


"Inkiostrik, un mostro nello spazio" inizia così.. Chi è Inkiostrik?

Inkiostrik discende dai "Nauseabondi Succhiatori d'Inchiostro", un'antica dinastia di sangue blu. Un tipo come lui ha bisogno di inchiostro quanto un vampiro ha bisogno di sangue, altrimenti si disidrata e quando cammina scricchiola come una foglia secca. Adora in particolare gli angoli luridi, i calzini puzzolenti, i mucchi di povere e la sua miglior nemica, la ragnetta Schifosina.  Anche se quest'ultima cosa Inkiostrik non la ammetterà mai!

Uno degli stralci più divertenti, quando Inkiostrik, aiutato da uno scarabeo, si intrufolano nella sala professori, alla ricerca di inchiostro e ne trovano una boccetta piena!

"Inchiooostrooo! Inchiooostrooo! Finalmente inchiooostrooo!", continuava a gridare esibendosi in una strana danza indiana. "Che tipo!", borbottò lo scarabeo. Il tappo per fortuna non era ben chiuso e i due riuscirono a svitarlo. Inkiostrik ingoiò avidamente i primi sorsi. Il naso gli diventò subito blu, poi anche gli occhi, la pancia e i peli.  Bevve fino a scoppiare. Quando ormai la boccetta era mezza vuota, ci si calò dentro e si fece un bel bagno.  Si stiracchiò e fece un ruttino di soddisfazione, continuando a immergersi e a tornare su. Infine tirò fuori la sua testa blu dalla boccetta ed esclamò raggiante: "Aahhh! Amo l'America!"

Nota bene: la mamma di Inkiostrik ha scritto più di sessanta romanzi!


Narrativa per l'infanzia

Negli ultimi tempi sono andata a rileggermi\ricomprarmi\scoprire la narrativa per l'infanzia.

E non sono di certo l'unica, perché certi classici per l'infanzia (specie se sono in edizione "di lusso") sono ricercati da diversi collezionisti di libri.

Parlandone anche con miei coetanei\persone più grandi di me, siamo tutti concordi nel ritenere questi libri che uscirono "negli anni Novanta\primi 2000" decisamente migliori "di tanta roba che esce oggigiorno"

A cominciare dalla saga di Inkiostrik, che lessi da bambina (almeno il primo e il secondo, sicuramente) e che è arrivata a ben 10 episodi https://intervistemetal.blogspot.com/2020/09/inkiostrik-un-mostro-nello-spazio.html

(e se tutto va bene, ad ottobre mi prendo anche il primo e il secondo volume)

o di libri meno noti come questo

o che andavano a ruba come i Piccoli Brividi

e - gli oggigiorno quasi introvabili - Super Junior Horror 





 Per cui sì, farò recensioni anche a questi libri, decisamente migliori "dei libri scritti da aristotele".

Perché tra aristotele e Inkiostrik, io ritengo che Inkiostrik sia decisamente superiore ad aristotele e più utile al progresso dell'intera umanità: nutre la nostra fantasia e ci rende tutti più allegri, donandoci un po' di divertimento ed evasione da questa squallida realtà.

Al contrario del grecoide schiavista, classista e misogino... le cui idee, applicate alla realtà, hanno portato e portano solo male.

E adesso schiumate rabbia, voi aristotelici, e imprecate pure contro la sottoscritta che ha "mancato di rispetto" al vostro idolo intoccabile. 

Tenetevelo pure sul trono... Che io, mi tengo Inkiostrik! L'adorabile mostricciattolo succhia-inchiostro!

P.s la mamma di Inkiostrik, Ursel Scheffler, http://scheffler-web.de/alle-buecher/ ha scritto più di sessanta libri. Ma non erano gli aristotelici "Lode al nostro dio aristotele, aristotele ha sempre ragione su tutto!" che sostenevano che "le donne non hanno mai scritto niente, sono passive, sono incapaci, non hanno mai inventato niente"?

P.s 2 qui potete vedere le copertine originali di Inkiostrik http://ursel.scheffler-web.de/aetze/




Jack London e Zanna Bianca

Info tratte da


è la fine di luglio del 1903. Il sole sta tramontando a Glen Ellen, un piccolo posto di villeggiatura nella Valle della Luna, presso San Francisco in California. Tra il verde degli alberi, lungo la riva di un ruscello, al lume di una lanterna, un uomo sta leggendo ad alta voce. Intorno a lui, seduti in terra, bimbi e adulti ascoltano in silenzio. I loro occhi brillano per l'interesse e la commozione; non sentono il sonno: quando la lettura sta per finire li sorprende l'alba. Un attimo di completo silenzio, poi scoppia un applauso: il romanzo è "Il Lupo dei Mari" che Jack London ha letto agli amici... comincia così il suo cammino verso il successo.

L'infanzia e l'adolescenza del futuro scrittore trascorrono serenamente a San Francisco, la città in cui è nato il 12 gennaio 1876. 




Jack è un bambino come tutti gli altri, vivace, allegro, intelligente; legge molto, studia volentieri, i suoi maestri sono contenti di lui. Purtroppo nel 1889 suo padre si ammala e non può più provvedere alla famiglia: Jack deve quindi lasciare la scuola e cercarsi un lavoro. Fa il garzone in una bettola, poi trova un posto in una fabbrica di conserve; ma è una vita infernale: 15-18 ore di lavoro al giorno per dieci cents all'ora!
Jack ha solo 14 anni, sente la mancanza della vita all'aperto, dei compagni di gioco, delle letture preferite; solo alla domenica riesce a fare una corsa al porto per ammirare le navi che salpano. Sogna a occhi aperti le terre che si stendono al di là dell'oceano e invidia i marinai che partono: vorrebbe imbarcarsi anche lui, ma è ancora troppo giovane.

Devono passare altri tre anni perché Jack possa imbarcarsi su una goletta che parte alla caccia delle foche e che toccherà la Corea, il Giappone, la Siberia. I suoi 17 anni danno poco affidamento; ma una notte, durante una tempesta, l'avventuroso ragazzo si guadagna i galloni di marinaio.
è di guardia, solo, al timone, quando la nave è investita dalla bufera. Jack regge la barra con tutta la sua forza, superando il momento critico e portando in salvo la nave.
Da allora i compagni lo rispettano malgrado la sua giovane età; sa lavorare come loro e guadagna come loro. Però, purtroppo, da loro impara anche ad ubriacarsi e a sperperare il denaro nelle bettole e nei ritrovi dei porti cui la nave fa scalo.



Torna a casa alla fine del 1893; ma c'è una grave crisi economica, e non gli riesce di trovare lavoro. Un giorno, mentre scorre gli annunci su un giornale, legge di un premio offerto per un racconto. Jack ha letto molto, ha visto terre lontane, ha vissuto momenti drammatici; siede a tavolino e fa rivivere sulla carta le emozioni e le avventure del suo primo viaggio per mare. Ci riesce molto efficacemente e il racconto vince il primo premio, ma è un successo passeggero e presto London deve ricominciare a cercare un lavoro. Non riesce a star fermo in un posto, ha bisogno di muoversi, così quando sente che nel Klondike in Alaska hanno trovato l'oro parte deciso ad affrontare anche questa avventura. Ha 21 anni e non gli fanno paura né il viaggio né i disagi a cui va incontro.
Dopo sei mesi di cammino e un inverno trascorso in un campo di fortuna con altri cercatori, giunge a Dawson, cittadina sorta nel nuovo bacino aurifero.
Ma non è l'oro che gli interessa: preferisce guardarsi intorno e osservare i cercatori, uomini di tutti i ceti ed età, che di giorno cercano la ricchezza e di sera se la giocano nel saloon.

Quando, dopo alcuni mesi, torna a San Francisco, non ha neppure un soldo in tasca, ma porta con sé una ricchezza che nessuno potrà mai togliergli: tutto quanto ha visto e provato in quei lunghi mesi trascorsi con i cercatori d'oro.
Le sue avventure in Alaska prendono la forma di avvincenti racconti che Jack spedisce ad alcune riviste; i suoi racconti piacciono e gli editori glieli pagano bene.


Due romanzi "Il Richiamo della Foresta" e "Il Lupo dei Mari" gli hanno dato celebrità e ricchezza.







Nel 1904 scoppia la guerra russa-giapponese.
è un richiamo a cui non sa resistere e Jack parte per Tokio come corrispondente di un grande quotidiano.
Supera il Mar Giallo e arriva alla zona delle operazioni. 
Da lì invia al giornale notizie dettagliate e tempestive.
Ritorna a casa e nel 1907 compie un viaggio nelle Isole del Pacifico; mentre attraversa l'oceano comincia a scrivere "Martin Eden", il suo romanzo autobiografico.
Durante il viaggio, Jack viene colpito dalla malaria e da una malattia che si aggrava sempre di più: la pelle gli cade a pezzi e nessuna cura gli giova.
Per lenire le sofferenze, inizia a bere. 
Ritorna a San Francisco convinto di morire, invece guarisce: lontano dal sole tropicale la sua pelle si cicatrizza e si riprende.
Pubblica ancora racconti, ma l'intenso girovagare e la malattia lo hanno stroncato; l'alcool gli provoca allucinazioni e cade in stati di incoscienza.
Parte ancora per le Hawaii ma neppure il clima di quei luoghi gli giova.

Torna in patria, e una mattina il suo cameriere lo trova agonizzante sul letto: una dose troppo forte di morfina lo ha stroncato. Jack London muore a 40 anni il 21 novembre 1916.





 APPROFONDIMENTO SU ZANNA BIANCA


TRAMA: "Zanna Bianca" è la storia avventurosa e commovente di un lupo; di un animale che siamo abituati a definire "feroce". In realtà la ferocia di "Zanna Bianca" è il frutto di una lotta spietata, quella per la sopravvivenza nell'ambiente ostile del Grande Nord. Il suo primo incontro con gli Dei (come definisce gli uomini, per la loro capacità di asservire la natura) è tutt'altro che felice, e finisce col rafforzare in lui un senso di desolata solitudine e di diffidenza nei confronti di tutto e tutti.

Ma, proprio quando Zanna Bianca sembra irrecuperabile a qualsiasi sentimento di solidarietà e affetto, l'amore di un buon padrone compie il miracolo...

 Oltre al capolavoro "Zanna Bianca" (1906), di Jack London ricordiamo "Il richiamo della foresta" (1903)


UN COMMENTO INTRODUTTIVO


 L'epoca in cui accadono i fatti narrati in "Zanna Bianca" è il finire del XIX secolo, dopo la scoperta dei giacimenti d'oro in Alaska. La "febbre dell'oro" spinse gli uomini di ogni categoria a rischiare il tutto per tutto alla ricerca dell'oro, e quelle terre, che erano state incontaminate per millenni, vennero invase da uomini spietati e violenti. Sorsero citta e ferrovie ma nella landa ghiacciata erano i cani che trascinavano le slitte; mentre gli animali temevano gli uomini, solo i lupi osavano avvicinarsi ad essi. 

"Cupe foreste di abeti, fiumi ghiacciati, vento, interminabili distese di neve, alberi stecchiti presi nella morsa del ghiaccio o ricoperti di brina e silenzio, tanto silenzio, rotto di tanto in tanto solo dall'ululare dei lupi affamati: ecco il Klondike, la terra tra Alaska e Canada. Qui nasce, cresce e trascorre la sua vita White Fang, il lupo Zanna Bianca"

Ma è l'ambiente circostante (al quale nel romanzo viene dato un ruolo predominante) che determina le azioni dei personaggi: per sopravvivere bisogna uccidere, per non essere uccisi bisogna uccidere. La violenza è presente, soprattutto negli uomini che dissacrano la santità della Terra, mentre gli Indiani sono immuni a questa bramosia di possesso: da secoli cacciano e pescano seguendo il corso delle stagioni; nel romanzo, fondamentale è il personaggio indiano di Castoro Grigio.

Ma nel Nord non ci sono solo uomini vili e rozzi, ma anche uomini che hanno messo il sapere e la loro esperienza a favore del progresso: è proprio uno di questi uomini che "conquisterà" il cuore di Zanna Bianca, rendendolo obbediente e fedele come un cane.

La vicenda inizia con una slitta che attraversa il paesaggio nevoso, trainata dai cani, mentre via via si fa sempre più prossima la presenza dei lupi guidati da una lupa rossa. Arriva la primavera, spuntano i fiori e la terra si riempie di cuccioli; anche la lupa, Kiche, partorisce un lupacchiotto e una cucciolata; protegge e custodisce i suoi cuccioli mentre il padre, One Eye, è in giro a cacciare per lei e i lupacchiotti: la fame è il loro peggiore nemico. One Eye è costretto ad andare sempre più lontano e un giorno sparisce senza più tornare. I lupacchiotti muoiono uno dopo l'altro, e solo uno tra loro sopravvive: Zanna Bianca. Trascorrerà ore da solo, nel chiuso della tana, mentre la madre è a caccia. Un bel giorno, Zanna Bianca esce dalla tana e si trova di fronte il mondo esterno. Nel libro, si descrive con toni bellissimi la sua prima esperienza da cacciatore, quando si trova davanti ad un nido di pernice. 

Ma la fame tormenta Zanna Bianca e mamma lupa, e così Kiche si avvicina di nuovo agli umani. Anche Zanna Bianca farà conoscenza dell'uomo, scoprendo, con timore reverenziale, le meraviglie di cui l'uomo è capace. Nel campo vivono tanti cani che non accettano Zanna Bianca, e cercano di scacciarlo, percependo in lui il lupo: Zanna Bianca imparerà a trainare la slitta, correndo con gli altri cani.

Ma la diceria del lupo addomesticato si diffonde in giro, e un certo Beauty Smith, avido e malintenzionato, penserà di usare Zanna Bianca per arricchirsi organizzando combattimenti tra cani... Da qui in poi per Zanna Bianca ci sarà solo dolore e crudeltà, ferocia e sadismo, fino a che Weedon Scott compra Zanna Bianca, curandolo e salvandolo. Progressivamente, Zanna Bianca si affezionerà a Scott, lasciandosi alle spalle la ferocia, tanto da seguirlo addirittura su un battello per la traversata verso la California.

Nel romanzo "Zanna Bianca" troviamo molti temi: l'amore materno, l'avidità umana che sfrutta gli animali ma anche la bontà e l'amore verso di loro.

"Zanna Bianca" inizia così...

La buia foresta di abeti incombeva minacciosa sui due lati del corso d'acqua gelato. Di recente il vento aveva spazzato via dagli alberi la bianca copertura di brina, e ora sembravano inclinarsi uno verso l'altro, neri e sinistri, nella luce che svaniva. Un profondo silenzio avvolgeva il paesaggio. Era un paesaggio desolato, privo di vita, immobile, così solitario da non suscitare nemmeno tristezza. C'era piuttosto in esso come una risata appena accennata, più spaventevole di qualsiasi tristezza, una risata senza gioia simile al sorriso della sfinge, gelida come il ghiaccio e severa come l'infallibilità. Era l'imperiosa e incomunicabile sapienza dell'eternità che rideva dell'inutilità della vita e dei suoi sforzi. Era il Nord selvaggio, il Nord dal cuore di ghiaccio. Ma la vita c'era, un po' ovunque, a sfidare quella terra. Lungo il corso d'acqua gelato si affannava una muta di cani lupo. Le ispide pellicce erano striate di brina. Il fiato gelava nell'aria non appena usciva dalle bocche, schizzando in avanti in nuvole di vapore schiumoso che ricadevano sui peli del corpo diventando cristalli di ghiaccio.




Gli stralci più belli: 

"Era troppo impegnato nella lotta per accorgersi che era felice. Emozione ed esultanza erano del tutto nuove e ad un tale grado di intensità, quale mai aveva provato fino ad allora. (...) L'eccitazione era in lui al sommo grado. Il sangue combattivo della sua razza si era svegliato e lo pervadeva. Questa era la sua vita, anche se non lo sapeva. Stava comprendendo il significato del suo essere al mondo; stava facendo ciò per cui era nato, uccidere per il cibo e combattere per uccidere. 

Stava giustificando la propria esistenza, e la vita non può fare nulla di più grande; perché la vita raggiunge il suo scopo quando compie ciò per cui è stata creata."

"Weedon Scott si era proposto di redimere Zanna Bianca, o meglio, di redimere il genere umano del male che aveva fatto a Zanna Bianca. Era una questione di principio e di coscienza. Sentiva che il Male fatto a Zanna Bianca era un debito per gli uomini, e andava pagato. Ogni giorno si faceva un dovere di accarezzare e coccolare Zanna Bianca, e di farlo a lungo." 

"Si fermò, a testa alta, vicino a una macchia di abeti, e studiò con la vista e l'odorato i due uomini che la osservavano. Sembrava loro stranamente malinconica, alla maniera dei cani; ma nella sua assorta malinconia non c'era nulla dell'affetto del cane. Era una malinconia figlia della fame, crudele come le sue zanne, spietata come il ghiaccio."

"Se Zanna Bianca non si fosse mai avvicinato ai fuochi dell'uomo, il Nord l'avrebbe plasmato in un vero lupo. Ma gli Dei l'avevano immesso in un ambiente diverso, e lui era stato plasmato in un cane che era abbastanza lupo, ma che era un cane e non un lupo."

"Smith il Bello godeva a picchiarlo. Provava un piacere maligno davanti alla sua vittima, e gli occhi gli fiammeggiavano sinistri mentre roteava la frusta o il bastone e ascoltava gli urli di dolore di Zanna Bianca e il suo inutile ringhiare e azzannare... Tutti amano il potere, e Smith il Bello non faceva eccezione. Essendogli negato di manifestare il potere con la sua razza, si rivolgeva contro le creature più piccole, e con loro rivendicava il potere a cui aspirava. Era venuto al mondo con un corpo deforme e un'intelligenza bruta."

"Aveva visto in passato dei cani cambiare padrone, e aveva visto i fuggitivi picchiati e lui stesso era stato picchiato. Lui era saggio, e tuttavia nella sua indole c'erano delle forze più potenti della saggezza. Una di queste era la fedeltà. Non amava Castoro Grigio; ma gli era fedele, perfino contro la sua volontà e nonostante la sua ira. Non poteva farci niente. La fedeltà era la qualità della sua razza, la qualità che distingueva la sua specie da tutte le altre, che rendeva il lupo e il cane selvatico capaci di diventare compagni dell'uomo."

Questa copertina del demo degli Helgrindr mi fa venire in mente Zanna Bianca

Nota di Lunaria: "Zanna Bianca" l'ho letto a nove o dieci anni, ma non me lo ricordo più; l'ho riletto di recente. Ho vaghi ricordi anche del cartone "Balto", mi ricordo di questi cani che trascinavano una slitta con dei medicinali... mi pare che fosse stato ispirato ad una storia vera.

A tema "romanzi con protagonisti gli animali", consiglio di leggere anche:


 (un altro libro che aveva per protagonista un ragno era "Spid, il ragno ballerino", che prima o poi mi ricomprerò... l'ho visto l'altra volta alle bancarelle dei libri ma purtroppo non mi bastavano i soldi per comprarlo! L'avevo letto da bambina)



https://intervistemetal.blogspot.com/2020/09/il-regno-dei-gufi-romanzo-fantasy.html

 https://intervistemetal.blogspot.com/2018/09/la-collina-dei-conigli-i-fotogrammi-e.html

e questo romanzo Rosa che parla di una tematica drammatica (lo stupro coniugale).  https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/02/luomo-del-cuore-di-lindsay-mckenna.html

Oltre ai due protagonisti, l'Autrice ha dato spazio anche alle aquile minacciate dai bracconieri (perché l'ex marito di Dahlia oltre che un criminale violento contro le donne, è violento anche contro gli animali) 

Per approfondire il tema della violenza contro gli animali, vedi: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/09/animalismo-antianimalismo-ed.html


La Dea Angizia e il Serpente

 Info tratte da


Illustrato già da Plinio il Vecchio nel 77 d.c il Cervone è uno dei serpenti più conosciuti dai contadini che lo chiamano "Pasturavàcche", "Cerviotto", "Frustòne", "Pitone", "Boa", "Capitone", "Lucia", "ànza".

è il protagonista di manifestazioni pagane legate al culto di Angitia\Angizia (*)    (chiamata anche Venere o Sorella di Circe, da "Anguem", ovvero "passaggio stretto come un serpente", "Anctia" e "Anagtia") che ancora oggi, sotto forma di cerimonia religiosa, hanno luogo a Cocullo, in Abruzzo, il 1° giovedì di maggio, festa di "san domenico", protettore, come già la divinità marsa Angitia, contro la rabbia, il mal di denti, le morsicature degli ofidi.

Nota di Lunaria: onde evitare insulti dai soliti personaggi che strillano che "sono i tuoi deliri! sono menzogne contro il cristianesimo!", ecco qui la foto della pagina, che uso a mo' di prova

Una delle più diffuse credenze popolari, ma priva di base scientifica, vuole il Cervone goloso di latte e si crede che si attacchi alle mammelle di bovini e caprini o persino nelle culle dei neonati, intento a succhiare il latte rimasto sulle labbra del poppante.

Si crede anche che uno scongiuro utile per non incontrare il Cervone, sia mangiare 3-9 fichi secchi o dell'uva. Si pensa anche che Cervoni di 7 o 9 metri si annidino in alcuni cimiteri, durante notti senza luna.

Il Cervone veniva mangiato in alcune località dell'Italia meridionale, in Asia occidentale, nella ex Jugoslavia, in Albania, in Grecia.

Se allevato in terrario, il Cervone può vivere fino oltre i 20 anni.





(*) Angitia era una Dea (ipotizzo, forse un'antenata\guaritrice divinizzata post mortem) adorata dai popoli osco-umbri, legata alla guarigione e alle erbe curative oltre che alla fertilità. è citata nelle "Punicae" (libro VIII): "Angitia, figlia di Eeta, per prima scoprì le male erbe\così dicono, e  maneggiava da padrona\i veleni e traeva giù la luna dal cielo\con le grida i fiumi tratteneva e\chiamandole, spogliava i monti delle selve" (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/07/circe-medea-il-serpente-e-il-veleno.html)

Mi è stato fatto sapere, da una persona, che Angitia è citata anche nell'Eneide, libro VII: "Dal popolo dei Marsi, da Marruvia è giunto un sacerdote, è Umbrone che addormenta le vipere e i serpenti... Riduce i danni dei loro morsi... (per la sua morte) lo piansero il bosco di Agintia, l'acqua limpida del Fucino e tutti gli altri laghi cristallini".

Io non ho mai letto per integrale i testi omerici o virgiliani, quindi non posso aggiungere altro. 

Ad Angitia era dedicato il bosco sacro Lucus Angitiae

Inoltre, nel folklore di alcune regioni come la Valle d'Aosta o il Friuli\Trentino, sono da citare le Fate-Serpenti delle Acque o le Anguane.  https://intervistemetal.blogspot.com/2020/05/le-fate-serpenti-delle-acque-le-anguane.html 

Come sa chiunque "ha letto i libri giusti", il serpente è il simbolo della Dea: per questo motivo è stato diffamato e demonizzato dal monoteismo. Abbiamo parlato di serpente e Dea qui: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/08/eurinome-e-il-serpente.html  https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/nu-wa-e-il-serpente.html  https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/melusina-e-il-serpente.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/il-serpente-domestico.html


Breve introduzione a Franz Kafka

Info tratte da


Franz Kafka (1883-1924): la famiglia dove nacque Franz era dominata dall'autoritaria personalità del padre. 
Gravemente ammalato di tubercolosi, Franz dovette trascorrere parecchi anni nei sanatori. 

Due volte, per complesse ragioni spirituali e psicologiche, rinunciò al matrimonio. Egli deve la sua fama ai romanzi pubblicati dopo la sua morte.

I tre capolavori di Kafka "America", "Il Processo", "Il Castello" formano una trilogia della solitudine: riflettono l'esperienza dell'isolamento umano e il pathos dell'esclusione.

L'uomo, che ritrova sempre un senso di colpa, è costretto a fronteggiare il processo della vita in un universo il cui schema e la cui coerenza gli restano incomprensibili; il dio dell'universo kafkiano è terribile come il dio dell'Antico Testamento, Jahvé, e per quanto i personaggi dello scrittore si ribellino a ciò che costituisce la "legge", non c'è per loro libertà o catarsi. Sono soltanto vittime sconvolte che non possono trovare una via per uscire dall'inutilità della vita che sono obbligati a condurre.

L'esistenza dell'uomo passa attraverso una serie di crisi dove la nascosta presenza della "legge", che agisce attraverso agenti impersonali (il governo, la polizia, l'ufficio, il castello) si dimostra più forte di ogni opposizione.

Gran parte della letteratura di Kakfa è ispirata al Talmud e alla letteratura popolare ebraica, ma i suoi motivi richiamano anche Kierkegaard, Pascal, Karl Barth, Dostoevskij, Nietzsche e Strindberg.

L'uso di "astratti" paesaggi di sogno, i cui fenomeni misteriosamente collegati sembrano sospesi in un vuoto inintelligibile, indica la vicinanza di Kafka agli scrittori espressionisti e surrealisti.

Perfino l'umorismo laconico di vari suoi racconti è fondato sulla fede in ciò che lo stesso Kafka chiamava "l'indistruttibile". Di fronte ad alcune scene grottesche e ossessive, dove l'uomo si trova preso nella morsa di un meccanismo cui non può sfuggire, si pensa a Poe, a Melville.

L'opera di Kafka senza dubbio riflette alcuni aspetti caratteristici di ciò che gli Esistenzialisti chiamano "condizione umana". 

Immaginosi e mitici, i racconti sembrano una trascrizione simbolica dell'esistenza vissuta dall'uomo contemporaneo, troppo spesso immerso in una realtà che delude le sue richieste, che trascende i suoi criteri di misura e di valutazione, che dispone di lui suo malgrado lasciandolo senza certezze, esposto a tutti gli imprevedibili e gratuiti colpi della sorte.

Si chiami questa realtà con i nomi che più gli aggradano; la si intenda, con i critici marxisti, come civiltà in crisi; oppure, con gli Esistenzialisti, come la struttura ambigua ed inquietante del vivere; oppure ancora con la critica psicanalitica, come la condizione nevrotica di una coscienza non in equilibrio con se stessa e con le forze che la minacciano, tale realtà è negativa per l'uomo che cerca invano in essa la propria pace o i modi di una plausibile realizzazione.

In un mondo che risulta così crudele, solo nell'intimità e nella solitudine perdurano il significato, la dignità del vivere.

L'itinerario spirituale di Kafka è appunto questo inoltrarsi verso l'intimità e la solitudine, verso l'arte e la conoscenza come strumenti per rappresentare, con radicale coraggio, l'odissea dell'uomo contemporaneo in un mondo che lo schiaccia.

Seguendo le pagine di Kafka si avverte presto che lo scrittore racconta eventi "strani" costruiti con materiali della realtà quotidiana nei quali però il fatto o l'oggetto che l'uso rende, in genere, familiare, appare al di là di velature misteriose. L'atmosfera abituale dell'esperienza ha subito un processo di rarefazione e di filtrazione. Il mondo perde i suoi significati tradizionali e si colora di un senso recondito dove traluce con forza irresistibile il destino.

Già in "America" - il romanzo kafkiano più vivace, avventuroso e complesso - i fatti e gli eventi, oltre il loro peso di realtà ne hanno un altro che resta immanente ad essi fino a costituirne simboli di una condizione umana avvilita, oppressa da potenze dispotiche.

Ne "Il Processo" e ne "Il Castello" la simbolizzazione progredisce: la materialità dell'essere e la vicenda degli uomini perdono ogni rapporto naturale.

La policromia del mondo si offusca e s'incupisce, fino ad assumere, in molte pagine di "Il Processo" e specialmente di "Il Castello", una tinta unica, ossessiva, dove tutto ciò che avviene si fa indicazione di un destino, riferimento a una vicenda metafisica: partecipazione significativa, anche se spesso indecifrabile, a un ciclo di eventi diverso e più alto. L'essere, si direbbe, smarrisce ogni innocenza, ogni quieto disporsi in un ordine evidente e confortate, per divenire segno di una recondita condanna. Dalla pienezza di un vivere in cui l'uomo si dispiega e si riversa attivamente nel mondo, cercando d'adattarlo ai suoi propositi, i personaggi kafkiani sono costretti a ripiegarsi nella loro interiorità, dove scoprono angosciosamente che il destino non parla il loro linguaggio, ma è una potenza straniera, con enigmatico e minaccioso volto di sfinge.

Documenti essenziali per capire Kafka sono le "Lettere a Milena" e i suoi Diari (1910-1923). Il romanzo d'amore con Milena è la storia di un tentativo fallito: la relazione venne interrotta da lui perché Milena non voleva lasciare il marito.

La consolazione per Kafka venne da Dora, conosciuta nel 1923 in una colonia marina. Kafka, resistendo alle obiezioni della famiglia, andò a Berlino a convivere con Dora, ma durò solo 10 mesi: la malattia costrinse Kafka a ritornare a Praga, per poi trasferirsi nel sanatorio di Kierking: poi morì, assistito da Dora e dal dottore.

Coloro che vedono in Kafka il rappresentante della disperazione giudaica e nella sua opera la storia cupa di una nevrosi, il racconto di un complesso di colpa e di inferiorità o l'esplosione di un delirio immaginativo complicato da un sofisticare interminabile, rimangono in superficie perché riconducono i temi di Kafka a moventi "razziali", psicologici o biografici inadeguati ad illuminare il valore e l'universalità. Va più addentro nel mondo di Kakfa chi interpreta i suoi libri in chiave mistica e messianica. Esistono, certo, documenti di una speranza religiosa di Kafka e in un certo senso è esatto dire che la ricerca del Significato e della Legge attraversa tutta la vita e l'opera dello scrittore.

Kafka ha scritto di sé nei Diari: "Non sono la pigrizia, la cattiva volontà, la goffaggine... che mi fanno fallire o non fallire in tutto: vita familiare, amicizia, matrimonio, professione, letteratura, ma è l'assenza del suolo, dell'aria, della legge. Crearmi queste cose, ecco il mio compito... il compito più originale."

Ma l'interpretazione allegorica e teologica che secondo alcuni sarebbe la "chiave" dell'opera, non convince.

Kafka ha percorso e descritto un inferno che era in lui e che sta, almeno in parte, nell'uomo moderno.

Non si può dire che il suo viaggio agli inferi - compiuto senza alcun Virgilio - sia un'esperienza compiaciuta di sé, fino al masochismo.

Kafka amava la vita ma questa gli risultava spietata verso gli uomini; ed egli ha descritto con lucidità un mondo che, in ultima analisi, gli appariva senza luce.

Tale testimonianza non è un documento o un messaggio di rinuncia: essa è un lungo e terribile grido (che arriva a noi come da misteriose lontananze) di dolore, la rappresentazione tragica di una condizione umana senza prospettive autonome né conforti espliciti di fede.




BREVE INTRODUZIONE ALLA METAMORFOSI DI KAFKA 

Info tratte da

"Il processo", "America", "Il castello" tre romanzi punti di riferimento per la letteratura del Novecento, sarebbero stati pubblicati dopo la morte di Kafka; "La metamorfosi", invece, faceva parte di quei racconti che Kafka pubblicò in vita.

"Era un solitario, un uomo di cultura, con il terrore della vita... vedeva il mondo pieno di demoni invisibili, che distruggevano e laceravano l'uomo indifeso. Era troppo lucido, troppo saggio per vivere, troppo debole per lottare...", disse di lui la scrittrice Milena Jesenskà.

Come il suo autore, anche Gregorio Samsa, il protagonista del racconto, si trova improvvisamente escluso dal mondo e chiuso non solo nella sua stanza ma anche nel suo stesso corpo, che nella notte, senza alcuna spiegazione, si è tramutato in quello di uno scarafaggio. Ma Gregorio ha ancora voce e sentimenti umani, e la condizione di Gregorio-scarafaggio si deteriora con il trascorrere del tempo, specie dopo la ferita che l'odio e il ribrezzo del padre gli hanno aperto nel corpo. Ai suoi familiari è sembrato naturale che per destino e disgrazia ci si possa tramutare in animali, la metamorfosi è possibile, come la malattia. Ma il protrarsi di questa condizione finisce per creare nella famiglia imbarazzo, peso, insofferenza e indifferenza, il più micidiale dei sentimenti. Non c'è più posto per Gregorio, cosa aspetta a scomparire, portandosi dietro la sua imbarazzante diversità? E Gregorio si lascia morire di consunzione: muore con amore, come una vittima sacrificale per riportare il flusso naturale della vita a coloro che ama. Finisce l'inverno, torna la primavera; sotterrato Gregorio, la famiglia va in gita in campagna: è finalmente libera, può tornare alla normalità, alla quiete del vivere quotidiano. Almeno per il momento. Con la sua morte Gregorio ha salvato la continuità dell'esistenza. 

Con i suoi scritti, Kafka ha esorcizzato il terrore per l'assurdità della vita: ma, come per Gregorio, la loro luce ci avrebbe raggiunto soltanto dopo la morte del loro autore. 

Nota di Lunaria: "La metamorfosi" ce lo fecero leggere al liceo, quando avevamo 14 o 15 anni. Ricordo che una mia compagna di scuola ne rimase molto impressionata; quello che le faceva orrore di questo racconto era il fatto che la famiglia di Gregor Samsa non provava il minimo affetto per lui, ma anzi, lo consideravano rivoltante, un qualcosa di cui disfarsi al più presto. 

L'incipit del racconto:

"Gregorio Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Riposava sulla schiena, dura come una corazza, e sollevando un poco il capo vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti ricurvi, in cima a cui la coperta da letto, vicina a scivolar giù tutta, si manteneva a fatica. Le gambe, numerose e sottili da far pietà, rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano senza tregua in un confuso luccichio dinanzi ai suoi occhi."