Cujo


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"Si fermò, rialzando di scatto la testa, cercando di capire da dove arrivasse il suono. Per un momento non riuscì a localizzarlo e all'improvviso si sentì terrorizzata, non tanto dal suono in sé, ma piuttosto perché sembrava proprio che non venisse da alcuna direzione. Non era da nessuna parte, per meglio dire era dappertutto. E poi un radar interiore (forse il suo sistema di autoconservazione) le disse che il ringhio veniva dall'interno del fienile"

"Era Cujo. Ma... Ma, oh mio (oh, mio Dio) Gli occhi del cane si fermarono nei suoi. Erano rossi e liquidi. Ne colava una sostanza viscida. Sembrava che il cane piangesse lacrime oleose. Il mantello fulvo era sporco di fango e... Quello è sangue (è proprio sangue, Gesù Cristo!) Non riusciva più a muoversi. Non respirava nemmeno. I polmoni le si erano fermati. Aveva sentito che si poteva restare paralizzati dal terrore, ma non aveva mai creduto che fosse così vero. (...) Fu allora che Tad vide il cane, riconobbe il sangue che gli macchiava il pelo e strillò."

"C'era qualcosa di caldo che le scivolava giù per il dorso delle mani. Con orrore crescente si accorse che era un miscuglio di bava e sangue che colava dalla bocca del cane."

"Forse aveva anche lei qualche linea di febbre. Soprattutto stava soffrendo molto. Le faceva male la pancia ma quelle erano ferite solo superficiali, poco più che graffi. Lì era stata fortunata. Il danno grave Cujo glielo aveva procurato alla gamba. Le ferite (i morsi, le ripeteva la mente, come se godesse dell'orrore che le procurava) erano profonde (...) E il vecchio mostro vegliava mentre suo figlio scivolava, scivolava, scivolava via. La mazza da baseball. Era tutto quello che le rimaneva. (...) Guardò fuori dal finestrino, vide la mazza da baseball abbandonata nell'erba alta e aprì la portiera. Nella bocca buia dell'officina, Cujo si alzò e cominciò ad avanzare lentamente, con la testa abbassata, attraverso la ghiaia del cortile. Erano le dodici e trenta quando Donna uscì dalla sua Pinto per l'ultima volta."

"Fermi, restarono a guardarsi, a misurarsi, nella luce abbagliante del sole estivo. Unici suoni, il suo respiro serrato, il ringhio nel torace di Cujo e il gaio cinguettio di un passero lì vicino. Le loro ombre erano corte e informi. (...) La mazza era insanguinata. Cujo stava ancora cercando di sottrarsi ai colpi (...) Per l'ultima volta quello sfacelo agonizzante che era stato Cujo si lanciò sulla DONNA che era la causa del suo strazio. Lei s'allungò in avanti, armata del pezzo di mazza da baseball che ancora le restava nella mano, e una lunga scheggia appuntita si conficcò nell'occhio destro di Cujo, penetrandogli nel cervello."


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