Metal, Poesia e Arte da Israele






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The Bishop of Hexen






Almana Shchora



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Arallu 


L' Ebraico cantato è la lingua più bella del mondo!

Ecco una raccolta di poeti ebrei che lessi molti anni fa su un'antologia

SHELOMOH BEN YEHUDA IBN GABIROL (1020-1070)

Guarda come il sole rosseggia nella sera
come se si fosse ammantato di scarlatto.
Cosparge di colore il nord e il sud
e l'ovest riveste di porpora.
Ma lascia nuda la terra,
coprendola con l'ombra della notte.
Il cielo si oscura, si veste di nero,
in lutto per la morte di Yequti'el.

L'inverno scrive con inchiostro della pioggia e delle acque,
con la pena del lampo, col palmo della nube,
un messaggio sul giardino di viola e di porpora.
Ciò è oltre il potere dell'immaginazione dell'uomo.
Per questo, quando la terra diventa gelosa del cielo
ricama la sua veste di fiori simili a stelle.

MOSHEH IBN EZRA (1055-1140)

D'un tratto incontrai le forme degli amici che avevo lasciato, vaganti nelle profondità della notte...
Quanto a lungo essi avevano errato nel deserto,
nascosti nel manto dell'oscurità! E io non lo sapevo.
Si accostarono al mio letto quando la notte se n'era quasi andata.
Io ero prostrato dal dolore.
Si strinsero al mio petto finché apparve la luce
verso est ed io disciolsi le trecce della notte.
Nulla restò della loro presenza
tranne un odore di mirra nella mia mano.
e quando le dita dell'aurora li ebbero scacciati,
la mia gioia crollò e mi sentii spezzato.

YEHUDAH HA-LEVI (GIUDA LEVITA)  (1075)

La terra, come bimba lattante,
succhiava ieri la pioggia d'inverno dalla nube nutrice,
ed era sposa chiusa nel serraglio invernale
l'anima desiosa alla stagione d'amore.

La preziosa alberga nel suo corpo,
come luce che alberghi tra profonde caligini.
Non desidera ella forse la separazione dal corpo,
e il ritorno all'altezza del suo decoro?

La mia commozione giunge al colmo quando ripenso al passato,
alla tua Shekinah ora esiliata, al tuo tempio distrutto.
Chi potrà pormi sulle ali di un'aquila,
per poter bagnare di lacrime la tua polvere?

SAUL CERNIKOVSKY (1875-1943)

Stelle di cieli nordici che ammiccano
l'una all'altra, pungenti, nelle notti
dei lunghi autunni, e paiono faville
dentro gli occhi dei lupi. Mi chiamavano,
mi attiravano il cuore verso l'alto
col loro sguardo lontano e vicino,
nei boschi di Carelia, nella terra
della triste bellezza, tra gli abeti
tenebrosi, mentre le tempeste
del settentrione rombavano cupe.
...
Stelle sovra le steppe dell'Ucraina,
stelle sì belle e tristi e dolorose
...
Stelle degli alti cieli di Crimea,
vi benedico tutte, ad una ad una
...
Stelle del cielo che mi sono care
e che mia madre amava - dolci stelle -
il vostro nome m'insegnò mio padre,
che ai tempi ch'era giovane vagava,
le notti dell'estate e dell'autunno,
lungo le larghe vie che si snodavano
tra il Dnieper ed il Don, tra il Mar d'Azov
ed il Mar Nero.

NATAN ALTERMAN (1910) "Il Lampo" (ha-Baraq)

Venne il rumore della pioggia. Esso non ti svegliò.
Tempestosa si muoveva la pioggia spargendosi, spezzandosi.
Dietro le mie spalle illuminava la  tua città
la bellezza e la follia della folgore.
Ombra di morte nella sua luce. Potere di morte nel suo gelo.
Notte d'acqua e di folgore! Notte di giovinezza!
Notte di forza.
....
Porterò su di te la tua bellezza morta
e il sorriso delle tue labbra screpolate, figlia mia,
poichè fuori è la folgore, una folgore potente che incombe,
e dalla cecità fui sommerso con la mia casa.

CHAIM GURI "Ancora sulla pioggia"

Ecco la pioggia senza schiarite che invocavi
dall'inizio di settembre.
Ed ecco ancora lampi su di te.
E come rispondendo al tuo richiamo torna a destarsi il tuono
lontano
e sempre più ricorda e si approssima ad essere anche tuo.

Gerusalemme di pietre pesanti
di ulivi e di tenebre.

E tu sai con certezza, fra la seconda e la terza veglia,
di essere solo un lungo silenzio,
di essere molta acqua,
e che sul tuo viso scorrono le cose indubitabili
che furono sempre, che mai moriranno in te.

YEHUDA AMICHAI

Dopo Auschwitz non c'è teologia:
dai camini del Vaticano si leva fumo bianco,
segno che i cardinali hanno eletto il papa.
Dalle fornaci di Auschwitz si leva fumo nero,
segno che gli dèi non hanno ancora deciso di eleggere
il popolo eletto.
Dopo Auschwitz non c'è teologia:
le cifre sugli avambracci dei prigionieri dello sterminio
sono i numeri telefonici di Dio
da cui non c'è risposta
e ora, a uno a uno, non sono più collegati.

Dopo Auschwitz c'è una nuova teologia:
gli ebrei morti nella Shoah
somigliano adesso al loro Dio
che non ha immagine corporea né corpo.
Essi non hanno immagine corporea né corpo.





































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