Introduzione alla Mineralogia

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La Mineralogia è la scienza che studia i minerali e può apparire complessa perché si basa su diverse discipline: chimica, cristallografia, fisica, matematica.

è una scienza nata in tempi recenti. 

Il più antico uso dei minerali è legato all'arte: pigmenti naturali di colore rosso e nero (ematite e ossido di manganese) erano già utilizzati dagli uomini primitivi per dipingere le grotte. Gli Egizi realizzavano gioielli con malachite, lazurite, berillo.

I più antichi testi sui minerali sono quelli di Teofrasto e di Plinio il Vecchio che nella sua opera "Naturalis Historia" osservava nei cristalli forme geometriche perfette.

Con il "De Re Metallica" (1556) Agricola fonda la Mineralogia vera e propria, parlando delle pratiche minerarie del suo tempo, le tecniche di ricerca e di scavo per l'estrazione dei metalli.

Tra il '600 e il '700 nasce la moderna cristallografia grazie a Stenone, Carangeot, Romè de l'Isle; nel 1801 l'abate Réné Haüy scopre che i minerali sono formati da molecole che riproducono la forma del cristallo, anticipando le scoperte fatte un secolo dopo.

Berzelius, invece, sviluppa i principi della moderna classificazione. Nel XX secolo Max von Laue scopre la struttura dei minerali e gli esperimenti fatti ai raggi X provano per la prima volta che i minerali sono composti da atomi ordinati secondo regole precise.

Ma cosa sono i minerali? Sono sostanze cristalline che si trovano allo stato naturale. Compongono rocce, montagne, sabbia, il terreno dei nostri giardini. Molti dei prodotti che utilizziamo sono formati da minerali: il dentifricio contiene microcristalli di mica, calcite e fluorite, i detersivi contengono calcite, dolomite, argille e zeoliti. Le gemme sono frammenti grezzi di cristalli, particolarmente trasparenti o colorati, tagliati in modo da esaltare queste caratteristiche.

I minerali sono composti da atomi ordinati con uno schema ben preciso. Quando sviluppano superfici piane e lisce assumono forme regolari (cristalli); dello studio dei cristalli se ne occupa la cristallografia, in origine una branca della mineralogia, poi divenuta a se stante.

L'aspetto esterno di un minerale dipende dalla composizione e dall'ordinamento degli atomi. I cristalli vengono descritti attraverso le forme che identificano l'insieme di tutte le facce che li compongono.

L'abito di un minerale, ovvero la forma che predomina in un cristallo, può aiutare a riconoscerlo. 

Vi sono varie tipologie:

* Aciculare = cristalli con aspetto aghiforme

* Capillare e Filiforme = cristalli flessibili e sottili come capelli

* Laminare = cristalli allungati e appiattiti come lame 

* Tabulare = cristalli piatti ma con spessore evidente e contorno rettangolare o quadrato.

* Dendritico, arborescente, coralloide = cristalli formati da aggregati ramificati 

* Fibroso e raggiato = cristalli riuniti in fibre che formano aggregati divergenti e raggiati

* Globulare, mammellonare e sferoidale = aggregati con aspetto globulare, simili a mammelle.

* Granulare = minerale privo di forme cristalline distinte, ma che costituiscono un ammasso granuloso

* Lamellare, micaceo o foliato: cristalli piatti, sottili, a volte flessibili, che ricordano una foglia

* Massivo = minerali compatti senza alcuna forma

* Microcristallino: alcuni minerali formano delle incrostazioni sulla roccia, ma in realtà sono aggregati di microcristalli, che si vedono solo a forti ingrandimenti.

* Scheletrico e reticolato = alcuni minerali si sviluppano per formare aggregare di cristalli lunghi e sottili, e il tutto ricorda una rete. 

* Stalattitico e colonnare = cristalli che si riuniscono in aggregati a forma di cilindri, colonne o coni


ALTRE PROPRIETA'

Sfaldatura: la tendenza di un minerale a rompersi secondo piani fra loro paralleli, a facce reali o compatibili con la simmetria del cristallo. Si osserva molto bene nelle miche, la cui sfaldatura è perfetta. Un esempio di sfaldatura imperfetta è quella del berillo e del quarzo.

La direzione dove avviene la frattura dipende dalla struttura interna e del legame esistente tra gli atomi.

Durezza: la resistenza che la superficie piana di un minerale offre alla scalfittura. Nel 1824 il mineralogista Mohs ha creato una scala relativa ordinando i minerali secondo valori di durezza via via più elevati. Ogni minerale con numerazione più alta è in grado di scalfire tutti gli altri con numerazione più bassa: il diamante può scalfire tutti mentre il talco non può scalfirne nessuno.

Talco 1

Gesso 2

Calcite 3

Fluorite 4

Apatite 5

Ortoclasio 6

Quarzo 7

Topazio 8

Corindone 9

Diamante 10


Lucentezza: l'aspetto che assume la superficie di un minerale quando viene illuminato da luce riflessa. I tipi di lucentezza sono metallica e non metallica. Nella lucentezza metallica la luce è opaca (la pirite ne è un esempio) mentre la lucentezza non metallica è tipica di minerali colorati e translucidi (l'elbaite ha una lucentezza vitrea) La lucentezza può anche essere resinoso-adamantina (la sfalerite), vitrea (simile al vetro, come il berillo e il quarzo), resinosa (lucentezza come quella della resina, per esempio la sfalerite e lo zolfo), perlacea (simile alla perla, come la brucite), sericea (tipica dei minerali di aspetto fibroso, come l'okenite), adamantina (molto brillante, come quella del diamante)

Tra le proprietà dei minerali va citata anche la fluorescenza: si tratta delle emissioni di luce da parte di un minerale quando è esposto ad una sorgente luminosa con particolari lunghezze d'onda. Alcuni minerali posti sotto le lampade ultraviolette rimettono la luce con colori vivaci. Minerali fluorescenti sono l'autunite e la fluorite.

Alcuni minerali si comportano come magneti e vengono attratti da strumenti in grado di sviluppare un campo magnetico, come la magnetite: una calamita avvicinata a questi minerali viene attratta e resta attaccata.

Infine, la birifrangenza è lo sdoppiamento della luce quando attraversa un cristallo birifrangente: per esempio, un cristallo sfaldato di calcite (spato d'Islanda) se viene messo sullo sfondo di una linea nera, la farà apparire sdoppiata.


I MINERALI: GLI ELEMENTI NATIVI

Se si riscalda un minerale di una roccia ad una temperatura elevata, se ne produce la decomposizione: gli atomi dei diversi elementi che lo compongono si separano. Inversamente, quando la superficie della Terra si è raffreddata, gli elementi di cui era composta, si sono progressivamente uniti: tutta la storia della formazione della crosta terrestre e delle rocce che la compongono è dunque la storia di come si sono uniti gli elementi per formare i minerali delle rocce.

Vi sono però delle eccezioni: in qualche raro caso è accaduto che gli elementi siano rimasti separati, cioè non si siano legati chimicamente con altri elementi o particolari reazioni chimiche hanno separato questi elementi da minerali formatisi in precedenza.

Questi elementi isolati si chiamano "elementi nativi" e sono una ventina. Questi sono i più comuni: lo zolfo, la grafite, l'oro, il mercurio.

LO ZOLFO

I cristalli di zolfo hanno una forma caratteristica, che si chiama "abito bipiramidale", dovuto alla disposizione degli atomi dentro al cristallo stesso. In tutti i cristalli gli atomi sono disposti in un reticolo che si ripete entro tutto il cristallo; le celle di questo reticolo determinano con la loro forma quella del cristallo intero: quello dello zolfo è una cella rombica. I cristalli di zolfo hanno un bel colore giallo molto caratteristico; se sono perfettamente trasparenti mostrano la birifrangenza, cioè sdoppiano le immagini che si vedono attraverso di essi, come nel caso della Calcite o Spato d'Islanda.

Lo zolfo si forma nelle solfatare: vulcani che limitano la loro attività all'emissione di fanghi, vapori e gas, che contengono l'anidride solforosa (So2) che si decompone e deposita i cristalli di zolfo.

In Italia si possono raccogliere cristalli di zolfo nella solfatara a Pozzuoli, Enna, Agrigento. 


LA GRAFITE

La grafite è una delle due forme nelle quali si trova il carbonio puro (l'altra è il diamante) è costituito da aggregati di lamelle che si sfaldano facilmente in scagliette solo nel toccarlo. Ha un colore che va dal grigio scuro al nero. Dentro ai cristalli di grafite gli atomi di carbonio sono disposti in stati costituiti da esagoni, che hanno un atomo in ciascun vertice.


L'ORO

Un elemento nativo che si trova abbastanza facilmente in Italia è l'oro. L'oro primario ha origine direttamente dalla solidificazione di magmi nei quali è contenuto e dai quali si separa mentre i magmi cristallizzano. Anche la disgregazione delle rocce che contengono oro ha dato origine a sabbie che contengono pagliuzze d'oro, che, trascinate dalle acque dei fiumi, hanno depositato l'oro in punti particolari (formando l'Oro secondario)


IL MERCURIO

L'Italia è uno dei paesi del mondo più ricchi di mercurio, che si trova prevalentemente sotto forma di solfuro (cinabro); piccole quantità si trovano sotto forma di elemento nativo che si è formato per decomposizione di minerali che lo contengono.

Mercurio nativo si trova nel cinabro del Monte Amiata, le rocce di Albareto (Parma) contengono, invece, cloruro di mercurio che decomponendosi, si libererà delle minuscole quantità di mercurio.









Frankenstein

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Il più celebre mostro della letteratura e del cinema è senza dubbio Frankenstein di Mary Godwin Shelley, moglie del poeta Shelley.

"Passai l'estate del 1816 nei dintorni di Ginevra", scrive l'Autrice nella prefazione del romanzo, "il tempo era freddo e piovoso; la sera ci raccoglievamo attorno ad un gran fuoco di legna e ci divertivamo a leggere storie tedesche di fantasmi, che ci erano capitate tra le mani. Queste letture destarono in noi un burlesco desiderio di emulazione. Decidemmo di scrivere ognuno un racconto che si fondasse su qualche evento soprannaturale. Ma il tempo si fece improvvisamente sereno e i miei amici mi lasciarono per un'escursione sulle Alpi. Il mio racconto è il solo che sia stato portato a termine."

Gli amici di cui parla Mary sono il celebre poeta inglese Byron, che abitava vicino agli Shelley, nella famosa villa Diodati, dove secoli prima aveva soggiornato anche John Milton, e il suo giovane amico, il dottor Polidori. 

Forse era con loro anche "Lewis il monaco", come ormai veniva chiamato l'autore del "Monaco" e questo spiegherebbe come il passatempo della "piccola società" si fosse indirizzato verso i cupi orizzonti del Nero.

Il racconto di Byron, "A fragment" resta incompleto, e sarà Polidori a portarlo a termine, pubblicandolo nel 1819 con il titolo "Il vampiro".

Il "Frankenstein o il Prometeo moderno" viene pubblicato nel 1818 e ottiene immediatamente un grande successo.

Frankenstein è un giovane studioso che utilizzando parti di corpo umano trafugate in cimiteri riesce a costruire un "omunculus" che poi passerà alla storia con il nome del suo creatore.

Il "mostro" è privo di anima e senza esperienza del mondo perciò fondamentalmente buono. In pochi giorni percorre le più importanti tappe della storia dell'uomo, dalla scoperta del fuoco alla cultura, quando trova in un bosco alcuni libri: "Paradiso Perduto", "Le vite" di Plutarco e "I dolori del giovane Werther". 

La Creatura di Frankenstein, da queste letture, trae una problematica personale di carattere quasi esistenziale: "nessuno avrebbe pianto per la mia fine. La mia persona era orrenda, la mia statura gigantesca: che cosa significava tutto ciò? Chi ero? Da dove venivo? Qual'era la mia meta?"

Nonostante la sua bontà, nessuno vuole dargli quell'amore e quella simpatia di cui sente disperatamente bisogno. Ben presto, il "mostro" fa conoscenza con la realtà della vita sociale, con le ingiustizie e la cattiveria degli uomini. Diventa malvagio e usa la sua temibile forza per fare del male; si vendica della sua infelicità uccidendo la moglie, il fratello e l'amico del suo creatore. Poi fugge nell'Artico. Perseguitato e raggiunto dallo scienziato, che lo cerca per vendicarsi, il mostro si ribella ancora e uccide il suo creatore, per poi scomparire per sempre.

Nota di Lunaria: il mito di Frankenstein ha trovato legioni di fans che ne hanno proseguito le gesta o hanno rivisto e rielaborato il racconto:

A me è piaciuto anche la creatura di Frankenstein nel film "Van Helsing", che in più di una scena mostra tutta la sua sofferenza e solitudine:



I due Frankenstein a confronto


Fu in una malinconica notte di novembre che vidi il compimento dei miei sforzi. Con un'ansia che quasi somigliava all'agonia, raccolsi intorno a me gli strumenti della vita per infondere una scintilla di esistenza nella cosa inanimata che giaceva ai miei piedi.  Era già l'una del mattino; la pioggia batteva tristemente contro i vetri e la candela era quasi consumata, quando, nel tremolio della luce ormai debole, vidi aprirsi i vacui occhi gialli della creatura: respirava con difficoltà e un fremito convulso gli agitava le membra.

Come posso spiegare le mie sensazioni di fronte a questa catastrofe, o descrivere l'infelice che con infinita pena e cura mi ero sforzato di creare? Le membra erano proporzionate e avevo scelto i lineamenti più belli. Belli! Buon Dio! La pelle gialla a malapena copriva l'intrico di muscoli  e arterie. I capelli erano fluenti e di un nero lucido; i denti bianchi come perle; ma questi bei particolari creavano soltanto un contrasto ancor più terribile con quegli occhi acquosi, quasi dello stesso colore delle orbite bianche e spente che li contenevano e con quella pelle avvizzita, e quelle labbra nere e tirate. (...) Incapace di sopportare la vista dell'essere che avevo creato, mi precipitai fuori della stanza e per molto tempo andai avanti e indietro per la camera a grandi passi, senza poter indurre la mente al sonno.

Quando i sentimenti sono stati eccitati da una veloce successione di eventi, niente è più doloroso per l'animo umano della calma mortale dell'inazione e della certezza che segue, e priva l'animo sia della speranza che della paura. Justine era morta, lei riposava, e io ero vivo. Il sangue scorreva libero nelle mie vene, ma un peso di disperazione e di rimorso mi opprimeva il cuore e niente avrebbe potuto rimuoverlo. Il sonno abbandonò i miei occhi; vagavo come uno spirito maligno perché avevo compiuto malvagità di indescrivibile orrore, e ancora molto, molto di più (ne ero certo), doveva accadere. Tuttavia, il mio cuore traboccava di gentilezza e di amore per la virtù. Avevo iniziato la vita pieno di buone intenzioni e ansioso di metterle in pratica e di rendermi utile al genere umano. Ora tutto era distrutto; invece di quella serenità di coscienza che mi avrebbe permesso di guardare al passato con soddisfazione, e da lì raccogliere la promessa di nuove speranze, fui preso dal rimorso e dal senso di colpa che mi spinsero in un inferno di torture così intense che nessuna lingua può descrivere. Questo stato d'animo consumava la mia salute, che, forse, non si era mai ripresa dal primo colpo che avevo subito. Schivavo la vista degli uomini; ogni suono di gioia o contentezza era per me una tortura; la solitudine era la mia unica consolazione - una solitudine profonda, buia e simile alla morte. (...) Come Adamo, io non sembravo avere alcun legame con gli altri esseri viventi, ma per il resto le nostre situazioni erano di gran lunga diverse. Lui era nato dalle mani di Dio come una creatura perfetta, felice e ricca, circondata dalle attenzioni particolari del suo Creatore, gli era permesso conversare e acquisire sapere da esseri di natura superiore. Io, invece, ero disperato, indifeso e solo. Più volte feci di Satana il vero emblema della mia condizione, perché spesso, come lui, alla vista della beatitudine dei miei protettori, io assaggiavo l'amaro fiele dell'invidia.

Quando calò la notte mi trovai alle porte del cimitero in cui riposavano William, Elisabeth e mio padre. Entrai e mi avvicinai alla lapide che indicava le loro tombe. Tutto taceva, tranne le foglie degli alberi, mosse dal vento; il buio della notte era quasi assoluto e la scena sarebbe parsa solenne e commovente anche ad un osservatore disinteressato. Gli spiriti dei morti sembravano aleggiare intorno e gettare un'ombra, percettibile ma invisibile, sulla testa del visitatore in lutto. 

***


"Sanguinante e scossa dai singhiozzi, l'essere correva ciecamente nel bosco, desideroso solo di allontanarsi dalle urla... Corse finché non gli sembrò che il cuore stesse per scoppiargli in petto, finché ogni respiro non prese a raschiargli dolorosamente i polmoni. Solo allora si fermò, e si appoggiò a un albero, ansimando forte. Poi cadde in ginocchio, le mani serrate sul petto, e chinata la testa pianse, smarrito nella sua infelicità. Che proprio loro la battessero e la chiamassero "mostro"! La sua famiglia! Sì, la sua famiglia! Dal polsino del pastrano estrasse il piccolo fiore di seta rossa; sembrava splendere nella sua enorme mano deforme. Il fiore, sì. (...) Solo. Era di nuovo solo. I soli che avesse amato se n'erano andati, scacciati dalla sua bruttezza. Proprio come tutti gli altri, lo odiavano e lo temevano a causa della sua bruttezza... (...) Dunque ecco che cos'era... non un essere umano, ma un esperimento. Una mostruosità creata con pezzi e frammenti di carne umana, destinata a essere disprezzata, odiata, sfuggita da tutti, destinata a non avere mai un amico, né il diritto di vivere... Una cosa priva di anima. E l'uomo di cui ricordava così bene il volto era il suo creatore, colui che gli aveva dato la vita e poi era fuggito orripilato, lasciandolo solo e inerme. Dalle profondità della sua anima scaturì un gemito che nulla aveva di terreno, un gemito profondo e raggelante. Poi la Creatura gettò indietro la testa e ululò il suo dolore. Ora sapeva che cosa doveva fare, e dove doveva andare."

"Quando l'incendio cominciò a propagarsi, uscì in cortile, dove indugiò a contemplare l'apocalittico scenario. Le fiamme si levarono fino al tetto di paglia e lo avvilupparono. La casetta che aveva visto tanti gesti d'amore e di tenerezza, e dove lui aveva imparato a parlare e a leggere, presto fu completamente consumata dal fuoco e di essa non rimase che un mucchio di ceneri fumanti. Ma il lavoro della Creatura era appena iniziato. Alzò il viso verso il buio cielo notturno e sollevando in alto le braccia diede un nome alla sua furia. "Frankenstein!"

Si tenne lontano dalle città e dalle fattorie. Evitò le abitazioni, la gente, e in particolar modo i cani che fiutavano il suo odore. Camminando soprattutto attraverso i boschi e lungo corsi d'acqua poco profondi dove il suo passaggio non lasciava tracce, si diresse a sudest. Nella sua mente ormai era impresso un solo viso, e una sola era la sua meta: Frankenstein, Ginevra.

(...) Raggiunse le Alpi. (...) Quelle infinite distese di neve, la silenziosa maestà delle montagne esercitavano su di lui un effetto calmante. Lassù, chiunque si sarebbe sentito solo; lassù non c'era bisogno di essere un abominevole ammasso di cicatrici per conoscere la sofferenza dell'abbandono. Accoglieva con gioia persino il freddo e i venti impetuosi, perché sapeva che avrebbero tenuto lontani gli altri. Il freddo era il suo elemento, non il loro."







Una rielaborazione per bambini di "Frankenstein" https://intervistemetal.blogspot.com/2024/04/un-mostro-in-giardino.html