Gambara (Fiaba Lombarda)

"On scior, che 'l viveva in del belissim castel de Malpaga, sora la montagna, el gh'aveva on anel che valeva ona fortuna"

Un gran signore, che viveva sul bellissimo castello di Malpaga, sulla montagna, aveva un anello che valeva una fortuna. Le pietre preziose incastonate provenivano da paesi dell'Oriente. 

Ma ecco che un giorno, l'anello scomparve.

Nessuna traccia dell'anello, in nessun angolo del castello! 

E così fu indetto un bando: "Se qualche astrologo o indovino saprà mettere il signore di Malpaga sulla buona via per ritrovare l'anello perduto, costui sarà ricompensato a dovere."

Nella campagna vicino al castello viveva un contadino poverissimo: si chiamava Gambara e non sapeva né leggere né scrivere, ma era molto furbo e perciò decise di cimentarsi nell'impresa. Si ripulì, si avvolse in una palandrana e si avviò al castello.

Per strada, trovò i corpi di due briganti che giacevano a terra, coperti di ferite. Un gruppo di contadini lì accanto discuteva.

"Che è successo?", chiese Gambara.

Gli risposero che le guardie del signore di Malpaga erano piombate addosso ai briganti e li avevano uccisi.

Ripreso il cammino, si avviò al castello.

Le guardie di ingresso gli chiesero cosa volesse.

"Sono un grande astrologo", rispose Gambara.

E quando fu al cospetto del re, Gambara esordì così: "Non lasciatevi ingannare dagli abiti sdruciti. La colpa è dei briganti che mi hanno assalito per strada. Volevano uccidermi ma io ho chiesto salva la vita in cambio di qualche servizio che avrei potuto rendere loro con la mia scienza."

"E come sei riuscito a scamparla?"

"Ho detto che da lì a poco sarebbe passato un drappello di guardie, mandate da voi. Mi hanno creduto e sono corsi a nascondersi in un boschetto. Da lì a poco le guardie sono arrivate e i briganti nascosti si sono salvati, tranne due che erano rimasti indietro e che sono stati uccisi. La mia predizione si è avverata e io mi sono salvato."

Il discorso di Gambara coincideva con quanto aveva riferito il capo delle guardie appena rientrato al castello e il signore rimaste impressionato.

"Credi che sia possibile ritrovare il mio prezioso anello smarrito?"

"Studierò attentamente il caso", promise Gambara.

"E se riesci, cosa chiederai in cambio?"

"Niente di più di quel che vi aggrada."

"Bene, datti da fare e vedremo di cosa sarai capace."

Gambara fu condotto in una stanza appartata che il signore gli aveva fatto assegnare perché studiasse la faccenda.

Sopra il tavolo c'era un librone, scritto fitto fitto. Il pover Gambara si chiese cosa ci fosse scritto. Non sapendo leggere, per lui quelle pagine erano incomprensibili, ma per darsi un contegno, si mise a sfogliarle con aria misteriosa, tracciando, di tanto in tanto, ghirigori sulla carta che il signore gli aveva messo a disposizione.

I servi che gli portavano da mangiare, vedendolo sempre chino sul tavolo finirono per convincersi che fosse davvero sapiente e cominciarono ad avere paura perché erano stati loro a rubare l'anello.

Quando entravano nella stanza del presunto astrologo, sembrava loro che costui li guardasse con occhi severi e iniziarono a credere che egli cominciasse a sospettare qualcosa, con le sue virtù magiche. Allora, per stornare sospetti, iniziarono a riempirlo di complimenti e inchini, e quando questa cosa andò avanti per le lunghe, Gambara, che aveva sale in zucca, sentì odore di inganno. Dopo pochi giorni ebbe la certezza che i servi sapessero qualcosa sull'anello.

Gambara andò avanti a scarabocchiare fogli su fogli, fino a che, trascorso un mese, sua moglie andò a trovarlo.

"Sto bene, moglie mia. E starò ancora meglio se farai come dico. Nasconditi sotto il letto. Io chiamerò il servo e non appena sarà entrato tu dovrai dire "E uno". Poi ne chiamerò un altro e tu dirai "E due". Ne chiamerò un terzo e dirai "E tre".

La moglie si nascose sotto il letto.

All'ora di pranzo Gambara chiamò un servo. Era appena entrato quando una voce disse "E uno!" La cosa andò avanti così anche per gli altri due servi, che si spaventarono a morte a sentire una voce sconosciuta.

E così si consultarono tra loro per trovare una scappatoia. "Ormai è finita per noi", disse il primo. "Se l'astrologo riferisse al signore che siamo stati noi a rubare l'anello… è meglio confessare che i ladri siamo noi. Diremo all'astrologo che se tiene la bocca chiusa avrà in cambio una borsa di denaro."

Tornarono nella stanza di Gambara e confessarono.

"Se svelate il segreto al signore, ci condanna a morte. Non ci tradite! Per compensare il vostro silenzio vi offriamo questa borsa di denari."

Gambara prese la borsa e rispose: "Non ho intenzione di denunciarvi, ma dovete fare quello che vi dico: andate in cortile, avvicinatevi a quel grosso tacchino che fa la ruota e fategli inghiottire l'anello rubato. Al resto ci penso io."

I tre servi eseguirono l'ordine.

Gambara, intanto, aveva chiesto udienza al signore.

"Ho studiato per un mese. Ho fatto calcoli e misurazioni e sono riuscito a scoprire dov'è l'anello. Si trova nello stomaco di un tacchino, nel cortile del castello."

Il tacchino venne preso, ammazzato, sventrato. E nelle viscere dell'animale c'era l'anello smarrito.

Il signore dette a Gambara una borsa colma di denaro e lo volle come ospite d'onore al gran pranzo che fece imbastire per festeggiare il ritrovamento.

Attorno al tavolo c'erano molti commensali e vennero servite le vivande più raffinate. Ad un certo momento venne portato in tavolo un vassoio di gamberi: a quell'epoca, un cibo tanto raro che solo poche persone ne conoscevano il nome. E fu proprio per mettere alla prova l'astrologo che il signore gli chiese come si chiamasse quel cibo.

Gambara non sapeva rispondere, non sapeva che esistessero gamberi. E così rispose "Ah, Gambara, Gambara!", intendendo autocommiserarsi.

Ma il signore e i commensali che non conoscevano il nome di Gambara, l'applaudirono calorosamente: non c'era dubbio! Era il più straordinario astrologo del mondo.

E da quel giorno Gambara visse da signore, godendo di fama di gran sapiente fino alla morte.


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