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Dopo l'insediamento degli Insubri, vi è un susseguirsi di epoche: l'età del bronzo (prima del sec. X. a.C) ha lasciato tracce in alcuni reperti presso il lago di Varese. La civiltà di Golasecca (dal sec. VI al sec. III a.C) nelle sue vestigia rivela segni di una civiltà artigianale, commerciale, rurale.
Durante questa epoca (dal secolo VI al secolo IV) si nota una presenza degli Etruschi. Segue poi un'epoca gallica (dal secolo III a.C in poi) che ha dato inizio a grandi strade nella zona (la principale quella di Milano-Gallarate-Sesto Calende) poi poi cedere il posto all'epoca romana.
Forse un segno della presenza etrusca si ha nel nome "trun", di una cascina a nord di Monte Rosso, che dall'alto domina il ripiano tra Pianasca e Vedano.
In etrusco il thrun era la rocca collocata su un colle, a presidio.
Nell'opera "Gallorum Insubrum antiquae sedes" (1541) descrivendo i luoghi attorno ai due castelli di Venegono Superiore e Inferiore, Castiglioni fa derivare il nome Venegono da "Veneris agonalia", per contrazione "Vene-gon", citando anche il grande prato (pradòn) posto tra i due Venegono con "pratum Adonis".
Ma tale spiegazione non ha nessun fondamento, se non nella fantasia dell'autore che vorrebbe ricondurre il tutto alla mitologia classica.
Un'altra interpretazione parte dalla constatazione che la zona era ricca di vigneti e così Venegono dovrebbe derivare da "Vinum-colere"; ma sembra che il nome fosse già usato prima che il luogo si ricoprisse di vigneti.
Visto che i Romani non imponevano né religioni né lingue, i toponimi della nostra regione sono da ricercare nel linguaggio delle popolazioni pre-romane (Ibero-Liguri o Gallo-Celtiche)
Possiamo quindi scomporre il nome nelle due radici "Uin" e "gon", il cui significato è conforme alla configurazione geologica del luogo: la radice "Uin" significa "acque", la radice "gon" "monte, costa". Il nome Venegono avrebbe un riferimento alle acque che sgorgano dalle coste collinose del luogo, specialmente nella zona del castello e in quella di S.Giorgio, dove nasce il torrente omonimo, un tempo ricco di acque.
A conferma potremmo utilizzare un riferimento a Vegonno, una piccola frazione di Azzate, che si trova topograficamente su un costone ai margini di una conca ancora paludosa.
Vestigia romane
Nel 222 a.C i Romani videro per la prima volta le case di Mediolanum (Milano) fondato dagli Insubri e conquistato da Cornelio Scipione e Claudio Marcello.
La regione dal Po alle Alpi divenne provincia romana; è quindi probabile che Venegono fosse abitato fin dall'età romana: difatti sono state trovate alcune vestigia romane, come le tracce di una strada, segni di centuriazione e un cippo votivo, inserito nelle mura della chiesa campestre di S. Martino (l'attuale cimitero).
Nel XVI la lapide presentava ancora questa iscrizione:
QUINTANI ARUSPICIS
AEDITUI FORTUNAE
FILII PATRI PIISSIMO
è chiaro il tipo romano di cippo votivo dedicato alla Dea Fortuna, di cui Quinziano era aruspice.
Si può anche supporre che l'ampio pianoro davanti e di fianco alle colline di Venegono si prestasse ad una centuriazione.
La via romana Comum-Novaria fu aperta a centuriazione compiuta.
LE CHIESE DI VENEGONO
Per quanto riguarda le chiese di Venegono, S.Rocco, S.Defendente, S.Maria in Pian Bosco, sono scomparse; di quest'ultima restano ancora tracce nel cascinale omonimo.
Goffredo da Bussero in un libro del '200, a proposito delle chiese di Venegono Superiore parla di quella di S.Martino e di un'altra di S. Protasio (scomparsa anche questa), affermando l'esistenza di un'altra chiesa: quella di S. Giorgio.
La chiesa campestre di S.Martino al Cimitero è la più antica di Venegono; già nel 1747 la si definiva "per antiquissimum". Sembra accertato che l'oratorio di S. Martino fosse anticamente, prima del 1450, la parrocchiale di Venegono Superiore e Venegono Inferiore, cioè di tutta la zona di Venegono, e sarebbe confermato dal fatto che "era situata ad equidistanza dei due paesi". Fu la chiesa più antica e anche l'unica. Se la chiesa di S. Michele (quella del cimitero) sorse nel XIII secolo, la chiesa di S. Martino sorse probabilmente nel 1200.
Sembra improbabile che venisse usata per funzioni parrocchiali, essendo così distante dai due villaggi: lo scopo, agli inizi, era quello di funzionare come un ricovero stradale per i viandanti; infatti fu costruita presso una strada che, fino al secolo scorso, risaliva lungo il torrente S.Giorgio.
L'"Obbidienzieria" serviva all'assistenza materiale e religiosa dei viandanti e l'ospizio-oratorio di S. Martino esisteva già nel 1119; doveva essere un tempietto orientato in senso contrario a quello attuale: la facciata era dalla parte del torrente, dove passava la strada antica, terminante in abside semi-circolare, abbattuta per dar posto all'entrata attuale.
Il cardinale Pozzobonelli la descriveva nel 1747: "dalla parte del torrente, dietro il cimitero, si presentava la facciata col suo portico e due finestre laterali, dall'angolo settentrionale emergeva il campanile di forma quadrata con una campana. Vi era poi dipinta sulla facciata l'immagine della Natività della Vergine; all'interno, vi erano immagini di Cristo con la Madonna, la Maddalena, e i santi Martino e Bernardo. Non vi era sacrestia, e nella parete settentrionale si apriva una porta minore."
La trasformazione dell'oratorio nell'attuale cappella cimiteriale si ebbe nel 1862.
La devozione popolare a S. Rocco, protettore contro la peste, si diffuse molto in Lombardia dopo la peste di Brescia del 1478. A Venegono Superiore sorse una cappella proprio dedicata a questo santo. La cappellina fu demolita nel XVII secolo e nel 1696 il titolo di S. Rocco era già passato alla chiesetta costruita "alla Colombara".
A S. Rocco vennero erette due altre cappelle, presso la zona ove nei tempi passati vi era il lazzaretto. Anticamente, vi erano ben tre lazzaretti: uno presso il Ronchetto, sulla collina che sorge tra le due cappelline di S. Rocco, un secondo sul Monte Rosso, un terzo sulla strada che dopo la stazione scende verso Castiglione Olona. I lazzaretti sorgevano in posti isolati perché i malati venivano portati in zone periferiche per limitare il più possibile il contagio, in mezzo ai boschi e vicino all'acqua per motivi igienici; i morti erano seppelliti in piccoli cimiteri vicino ai lazzaretti; la croce di ferro che si vede tuttora sulla strada per Castiglione, ricorda uno di tali cimiteri.
Dopo la peste, fu il colera l'altro flagello, che imperversò nel 1836 e nel 1854; la Cascina Ronchetto era stata proposta come "Lazzaretto dei Colerosi".
Pochi, anche tra gli abitanti di Venegono, sono al corrente dell'esistenza della chiesetta di S. Maria e S. Rocco "alla Colombara", nascosta tra gli alberi dell'attuale parco dei conti Caproni.
VENEGONO come appare oggi (foto che mi sono state gentilmente inviate)