Christine IX




1) Ciao Christine IX! Grazie per avermi contattato :) Vuoi presentarti ai nostri lettori?

Ciao Lunaria, intanto vorrei ringraziarti, perché è raro che gli intervistatori siano persone con la tua preparazione. Grazie per il lavoro di ricerca che fai sul web, l'underground ne ha bisogno, in quest'era morbosa che ottunde o sovra-stimola la curiosità, senza prevedere approfondimenti.

Chi sono? Sono una persona che ha sempre avuto bisogno di condivisione - nel bene o nel male - e che ritiene fondamentale filtrare i propri sentimenti attraverso gli altri, configurandolo come un atto di accoglienza e comprensione da parte loro, come uno specchio che possa riflettere davvero il meglio o il peggio di me, un abisso in cui mi è necessario guardare per capirmi. Scrivo. Scrivo canzoni. Non so perché mi sia accostata alla musica, in verità ho sentito fin da piccola l'esigenza di far entrare nella mia vita il mondo dell'arte in toto. La musica si è avvicinata a me come hobby, poi come passione, nel momento in cui ho capito di dover dare questo nome agli struggimenti e alle lotte che si conducono per essa. Ma non ho mai pensato di farne una professione. Il peso della professionalità, applicato a un carattere come il mio, la spremerebbe senza cavarne nulla di duraturo. Lo chiamo fordismo delle emozioni.

Quindi, dicevamo, sono una persona che scrive musica per necessità, per salute fisica e mentale. "Scrivere" è il verbo che più mi preme. Cantare o suonare uno strumento, fare da produttore artistico, per me sono dati secondari. Tutt'ora mi fa ridere quando mi si fa un complimento per la voce o un arrangiamento, sono cose cui non penso, nella più totale sincerità. A me interessa scrivere dei buoni brani. E con "buoni" intendo in grado di toccare della carne viva, dolente o palpitante, nelle persone propense all'ascolto.




2) Dal punto di vista biografico, inizi a suonare nel 1994, come autodidatta. Dal 1999 in poi ti cimenti in tanti stili diversi fino ad entrare in una tua prima band, chiamata Nahema. Successivamente suoni negli Shotgun Babies. Da qui in poi inizi una serie di collaborazioni e concerti con nomi come Lydia Lunch, Assalti Frontali, La Fame di Camilla.
Puoi parlarci un po' di questo tuo percorso, così variegato ed eclettico?

Come ti accennavo, è stato un percorso quasi alchemico. Ho iniziato da bambina, ma avevo altre priorità, in parte imposte. A 18 anni la prima band, al liceo. Un disastro. Nessuno mi aveva mai fatto notare l'esistenza degli accordatori. Pensavo bastasse l'orecchio. Un disastro molto liberatorio, a dirla tutta, e molto più simile a ciò che sono oggi di quanto non si creda. Poi gli studi universitari mi hanno tenuta ferma qualche anno. Ma non c'è mai stato un trasloco in cui non mi seguisse la chitarra. In quegli anni, cambiando tante case, ho avuto l'opportunità sempre di confrontarmi con la musica in modo nuovo. A Roma, nel 2000, una coinquilina mi concesse per un intero anno la sua tastiera. A Lecce, in un vecchio appartamento, trovai un pianoforte dell'Ottocento, scordato. Tutt'ora non so come si debbano pigiare in tasti nel modo corretto. Ma passavo lì ore e ore, anche pomeriggi interi. Lo studio mi annientava, ma lì mi ricaricavo. Costruivo arpeggi, accordi che non ho mai studiato. Ci cantavo sopra per capire quale fosse la mia estensione. Tutto questo, per quanto ridicolo sia, è stato fondamentale nella mia formazione. Contemporaneamente, avevo una band, acustica, cover. Cantavo pezzi molto puliti e anche molto difficili, sul gothic andante (Theatre Of Tragedy, per dirne una), per mettermi alla prova, per dimostrare agli altri e a me stessa di potercela fare. Nessuno credeva in me, men che meno io, di una timidezza estrema e annientante. Salivo sul palco preoccupata. Perfezionista. Devo dirlo, non mi divertivo tanto, nonostante bellissimi momenti. Ma anche questo è servito molto. Poi, un bel giorno, nel 2006, vidi suonare a Lecce, una band al femminile, le Roipnol Witch, dell'Emilia. Da sempre mi interessavo al movimento Riot Grrl e fu per me una folgorazione. Ero insieme a mia sorella (batterista). Ricordo che ci guardammo negli occhi e ci capimmo subito, anche perché spesso suonavamo insieme in garage, divertendoci assai. Potevamo farlo anche noi. Promisi a me stessa che un giorno avrei avuto la mia band e suonato insieme alle Roipnol. Oggi siamo amiche. E sì, abbiamo suonato insieme diverse volte, in diversi posti in Italia. A quei tempi avevo iniziato a scrivere pezzi da qualche mese, un periodo molto prolifico, buttavo giù anche tre brani al giorno, su cassetta. Diciamolo, ero depressa da una serie di accadimenti personali anche gravi. Ci mettemmo così alla ricerca di donne con cui suonare e ci vollero quasi due anni per trovare le persone giuste. Anni di sbattimenti colossali, di annunci appiccicati ovunque in città. Molte delle ragazze contattate avevano problemi o difficoltà a spostarsi. Ad ogni modo, nacquero le Shotgun Babies. Mia sorella lasciò poco dopo e nel 2008 entrò Gianna, segnalatami da Sara delle Supersquillo - cui mi ero presentata da sola all'università - , e poi diventata la mia grande compagna di viaggio per 7-8 anni, stabilizzandoci in una formazione trio. Non avrei mai immaginato di suonare come unica chitarra. Esperienza preziosa. Capisci che sul palco puoi fare affidamento solo su te stessa. Devi essere precisa, anche se la tua natura e il dna ti remano contro. Se sbagli, sono solo fatti tuoi, si sente. Sei nuda. Ad oggi, questo è stato forse l'insegnamento più importante. Motivo per cui mi arrabbio quando gli altri, inevitabilmente, mi riconoscono come spalla forte e si appoggiano troppo a me.

Insomma, il mio percorso non è stato scelto. Ho lasciato fluire le cose, ho assecondato le necessità. E' vero, con le Shotgun Babies abbiamo suonato in tutta Italia, in ogni contesto, e aperto anche a nomi illustri. Lydia Lunch ha registrato in un nostro brano perché, parallelamente, Gianna è stata per un periodo la sua bassista. Erano molto amiche. Le fece ascoltare il pezzo e ne rimase folgorata. Disse di "essere ispirata dalla Musa". Forse io e lei, pur non essendoci mai conosciute, su quelle note lì, abbiamo trovato un dolente punto di contatto. Infatti nel testo che recita e che lei stessa ha scritto, ha espresso perfettamente la mia e la nostra  - come band - condizione esistenziale. Grazie Lydia, una persona di un'umiltà estrema, molto lontana dalla finta modestia.

 
3) Ho visto che hai vinto ben due concorsi: "Rock Bad Girls" e "Art Music Live"; sono eventi che non conosco, che genere di esperienza è stata?

Il primo era un concorso online. A volte mi vien da ridere, perché molte delle persone che all'epoca "sfidavamo" le ho riviste sul palco dei talent show. Della serie: "dovevo per forza farcela"! Il secondo era un concorso live organizzato a Lecce, in collaborazione con l'Università del Salento. La vittoria ci ha permesso di produrre e distribuire fisicamente il singolo "Denderah".

 
4) Occupandomi anch'io di argomenti femminili, a tema spirituale (la "famosamente" conosciuta "Wicca" anche se come termine ne prendo le distanze ogni qualvolta si scade nel dogmatismo filo-cristiano), mi interesserebbe sapere cos'è il movimento "Rock With Mascara" e il progetto  "Girls on the rock", che porti avanti. Fermo restando che negli ultimi tempi si è assistita (almeno per chi la sa vedere) ad una recrudescenza della misoginia (un po' di tutti i tipi, dall'economica-politica a quella religiosa), una recrudescenza che mette i brividi, a tuo parere com'è la situazione femminile (e non solo in Italia), intesa come movimento di genere, di arte, di letteratura (se ti va, anche dal punto di vista neo pagano)? Sei ottimista o pensi che sia ancora una strada tutta in salita, anzi, forse a tratti non si è neanche mai fatto il primo passo? Io non sono per niente ottimista... anche se c'è da dire che musicalmente negli ultimi tempi (ma direi anche, dal 2000 in poi e forse anche fin dal 1995) sono uscite ottime band femminili o female-leader (da Rachel dei Sinister - band che secondo me ha perso molto, allontanando la singer - ad Angela Gossow, a nomi come Cadaveria, Astarte, Kittie, Nervosa, Crucified Barbara, Psychedelic Witchcraft, Evil Lucifera, Amy Lee, Cristina Scabbia) e solo per citare l'ambiente Metal (ci sono anche ottime artiste come Phildel o Gemma Ray, tra le ultime che ho scoperto), quindi, almeno musicalmente, nel 2016, una donna sa farsi rispettare, perché sa dimostrare di non essere incapace musicalmente (anche se il Metal si è spesso portato dietro una posa un po' machista, a volte). Un po' meno dimostrare a certi maschietti retrogradi, il nostro valore in ambiti come la filosofia o la teologia... lì progressi non ce ne sono stati molto... ad ogni modo, che artiste ti piacciono e con chi vorresti collaborare? Puoi parlarci anche del tuo impegno come giornalista e direttore di ABCDonna?


Il movimento Rock With Mascara è stato fondato dalle Roipnol Witch e dalle Kyuuri - altre grandi amiche - per facilitare lo scambio di informazioni e di date fra band femminili. Una sorta di sorellanza al grido di "girls just wanna have fun". Niente di ghettizzato. Girls On The Rock nasceva su quest'impronta e aveva una portata regionale. Ce ne facemmo promotrici noi Shotgun Babies per un periodo. Purtroppo, però, molte band che vi aderirono si sono sciolte.

Mi sono sempre reputata "diversamente femminista" e a volte ho preso anche le distanze storiche da questo movimento, poiché mi illudevo che la parità dei diritti fosse già stata raggiunta. Purtroppo, col senno di poi e alla luce di varie esperienze, posso dire che mi sbagliavo. Quando una donna, ancora, su un palco, viene trattata con un assistenzialismo paternalista - è quello che mi capita spesso -, no, non è stato raggiunto nulla. Quando si presuppone che una ragazza non sia in grado di agire in un ambito considerato per decenni maschile, c'è ancora molto da fare (idem dicasi per la teologia e la filosofia. Nota di Lunaria). Un appello alle donne: non fatevi viziare. Non cadete nel tranello del buonismo assistenzialista. Non cedete alle situazioni in cui galantemente vi si privilegia, presupponendovi però come inferiori, povere, indifese o anche semplicemente delle belle prede vittime di favoritismi. Non siamo deficienti in nulla. Possiamo farcela da sole e chiedere aiuto dove necessario. Ecco, una cosa che mi piacerebbe molto sarebbe trovare un nuovo nome al femminismo, affinché non venga più dipinto come anacronistico ed ancorato a modelli degli anni '60 che oggi risulterebbero ridicoli. Perché forse non per noi, ma per molti impreparati, oggi, quella parola suona come "misandria". Dobbiamo pensare NOI donne a una continua renovatio. Affinché il femminismo sia in primis "umanesimo". Cosa che, in realtà, è.

Mi piacciono molte artiste donne, a cominciare da quelle militanti nelle band di amiche, che  culturalmente sento più vicine. Forse quelle mainstream, in questi ultimi anni, le ho un po' tralasciate. Ma potrei nominarti Patti Smith, PJ Harvey, Amanda Palmer, Diamanda Galas, Lydia Lunch, la temutissima Courtney Love, le L7, la grande voce degli Ataraxia, Siouxsie, Melissa Auf Der Maur, su un genere e timbro diverso Liv Christine. Ce ne sono troppe! Simpatiche le Donnas, le Kittie, le Crucified Barbara, le Veruca Salt. Ma le conosciamo tutti.

Per quanto riguarda il mio impegno come giornalista, al momento è un po' in stand by, sto facendo un altro lavoro. Sono tempi bui per chi scrive. Scrivono tutti, anche chi non ha le basi della scuola elementare. Motivo per cui, chi lo fa con passione e professionalità non riceve i dovuti compensi. Essere stata direttore di una rivista al femminile è stata un'esperienza stupenda, della quale ricordo soprattutto l'idilliaco clima di solidarietà e complicità in redazione. Ogni tanto sogno di replicarla a mie spese. Ma forse è un'utopia.


5) Ti trovi più a tuo agio con la dimensione "da solista" o quella "da band"? Quali sono i pro e i difetti di queste diverse situazioni? Mi sembra che tu sia affezionata ad entrambe, e le riproponi ad intervalli.

E' vero, sono affezionata ad entrambe le dimensioni. Diciamo che preferisco comporre e arrangiare da sola, perché così ottimizzo i tempi e faccio le mie scelte in un nanosecondo, ma live mi piacciono i chitarroni e la batteria che picchia duro!
L'esperienza con la loopstation è più intimista e psichedelica, oltre che meno pesante come sforzo fisico.


6) Di strada on stage ne hai macinata tanta. Vuoi condividere con noi qualche resoconto? Hai qualche data in agenda, come news?

Al momento ho in programma una data per Halloween al Terenga 2.0 di Ugento (LE) e prevedo a inizi inverno di spostarmi dalla Puglia. Di aneddoti da raccontare ne avrei tanti, ma quello di aver suonato per beneficenza mentre dei pizzaioli acrobatici ci lanciavano le pizze giganti attorno forse li batte tutti!

7) Ci vuoi parlare anche dei video "You are not me" (dalla scenografia barocca e decadente davvero azzeccata, con quel riferimento ad Ofelia, tra l'altro ripresa davvero in modo fantastico!) e "Black Corolla"? Come nasce un video, quanta fatica c'è dietro nel scegliere la location adatta, nel fare le riprese, nello scegliere gli abiti? In "You are not me" alterni un cantato suadente ad un cantato "scream", quasi da Riot Grrrl (Babes in Toyland...) così come in "Black Corolla": vuoi far intendere all'ascoltatore che del Femminile tu possiedi tutti gli aspetti? Dall'ammaliante all'"incazzoso"? Tra l'altro chi ha studiato un po' i vecchi manuali di presa di coscienza femminista degli anni '70 sa benissimo che prima di quegli anni le donne "ancora non riuscivano a dare una forma, un'espressività, una parola alle loro incazzature": fa parte della demistificazione patriarcale l'aver dipinto la donna come una creatura angelicata e passiva che mai piange e che mai si incazza (o meglio: che mai si ribella). Mi ricordo l'analisi di Betty Friedan al fenomeno (per fortuna oggigiorno quasi tramontato) delle casalinghe alienate: costrette a impersonare, sempre, comunque, ovunque, la parte delle "sposine felici e devote e con la torta di mele sul davanzale", senza mai poter dire "No, vaffanc... non ci sto", impazzivano inebetendosi nel vuoto. Ancor prima, la donna vittoriana non se la passava bene... è bella questa tua voce "da cartavetrata", che tiri fuori a sottolineare gli aspetti più emotivi delle canzoni. 

I videoclip, di cui ho curato il montaggio o la regia, insieme a Salvatore Zullino, nascono in primis da immagini mentali, esattamente come le canzoni. Se ci sono quelle il gioco è fatto! Avrai le inquadrature, gli stacchi o le pause e gli arrangiamenti. Nella mente prende forma prima un colore, che so già darà il suo imprinting o al video o al brano (perché sì, anche la musica è colore). In secondo luogo, affiorano sogni o ricordi trasfigurati dalle paure, dalle ambizioni, dalla realtà effettiva, dalle ossessioni. Marcio su questo nello scrivere una canzone o il soggetto di un video. In "Black Corolla" la piuma nera, che voglio analizzare, esce poi dalla mia bocca e diventa bianca, la uso per scrivere, avviene la catarsi. Quasi un manifesto della spontaneità del "prodotto" artistico, che non può essere scomposto e sottoposto ad analisi, vivisezionato come se non ci fosse stato un essere vivente dietro.

Il succitato brano è rosso vivo. "You are not me" è incazzato, ma con una fredda distanza. E' blu. "I love life so much I want to die" presuppone la stessa distanza, è algidamente verde, per poi diventare rosa e romantico laddove si parla trucemente di farla finita.

A questo punto mi verrebbero in mente le Vocali di Rimbaud - rido. Ce ne saranno altri che prevederanno gli abissi siderali del ricordo.

Le sfumature vocali hanno pressoché la stessa funzione: enfatizzare mostri, paure, sogni, perversioni. Cercando di usare la voce per quello che è: un medium. Sì, medium della condizione umana, in toto. Congegno che rivela l'infinita solitudine dei viventi.


8) Concludi pure a tuo piacimento!

Temo di aver detto troppo. Solo un appello: non lasciate che l'avanzata tecnologica vi faccia ingoiare il cervello come fosse una pillola amara.  Addomesticatela. C'è bisogno di un nuovo umanesimo in cui la macchina sia semplicemente uno strumento straordinario e non un sostituto della coscienza e della conoscenza. E ciò vale sia per la faciloneria in cui spesso versa una musica senza cuore e frutto di gesti aleatori, considerati grottescamente vincenti, che per le nostre vite.

Anche se sugli scaffali sta scomparendo, abbiamo ancora bisogno di poesia.